La storia del barbecue inizia con l’arrivo di Cristoforo Colombo nell’America centrale, in particolare nei Caraibi. Qui, Colombo scoprì tribù indiane locali che avevano sviluppato un innovativo metodo di cottura della carne. Usavano una stuoia di legna sospesa sopra uno strato di braci di legna come fonte di calore.
Il motivo principale di questa tecnica era mantenere la carne lontana dal suolo per evitare la contaminazione da parte di insetti e animali terrestri, mentre il fumo generato contribuiva a tenere lontani gli insetti volanti e a conservare gli alimenti a lungo. Questa tecnica di cottura era chiamata “baa-bu-kan” dalle tribù locali.
Con le migrazioni, questa pratica si diffuse tra gli indiani nativi d’America, mantenendo in gran parte la sua impostazione originale ma cambiando il nome in “barbacoa”. Nel 1540, durante un accampamento nel Mississippi, l’esploratore Hernando de Soto fu ospite di una festa in cui venne cucinato del maiale alla “barbacoa”.
Con il passare del tempo, questa tecnica si diffuse sempre di più tra la popolazione, estendendosi fino al Nord Virginia. Gli spagnoli, tornati in Europa, introdussero con entusiasmo questo “nuovo” metodo di cottura, creando una versione più moderna. La cottura veniva effettuata su lunghi parallelepipedi in muratura coperti da lastre di ferro, e fu in questo contesto che il termine “barbecue” fu coniato.
La straordinaria capacità del barbecue di rendere teneri anche i tagli di carne più duri e economici, unita ai costi di realizzazione contenuti, ne favorì la diffusione tra la popolazione a basso reddito. Questa tecnica di cottura ha una storia affascinante e un impatto duraturo sulla cucina e sulle tradizioni culinarie.
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